La
leggenda di Folìa e Mutino
Antichissimamente,
nel tempo in cui il culto della dea Iside dall'Egitto si diffuse
in tutti i territori dell'impero romano, il Foglia si chiamava
Isauro (Isaurum). Quando e perchè il nome del fiume cambiò,
credo proprio sia difficile dirlo. C'è chi sostiene che
già nel Medioevo si chiamava Follea da "folles",
strumenti rudimentali utilizzati per sollevare l'acqua ed irrigare
i campi; c'è chi più modestamente dice che Foglia
significa "fiume di foglie", perchè in autunno
i gorghi dove l'acqua si quieta vengono letteralmente coperti
dalle foglie dei pioppi che crescono numerosi sugli argini. A
me personalmente piace di più la spiegazione che ho trovato
a Piandimeleto, partorita dalla fervida fantasia dei suoi abitanti.
Si tratta della leggenda di Mutino e della maga Folìa.
Eccola.
- Negli anfratti della Cupa, tra Lunano e Piandimeleto, viveva
una giovane maga dai capelli lunghi e fluenti che lasciavano però
scoperte le belle forme del corpo seducente e flessuoso come quello
di una sirena. E sempre antichissimamente, nei boschi della Cantoniera
abitava un bel giovane di nome Mutino che aveva l'abitudine di
andare a bagnarsi nelle acque del fiume Marecchia. Una volta,
chissà perchè, gli venne l'estro di cambiar versante
e scese a fare il bagno nei gorghi dell'Isauro, proprio sotto
la Cupa. Folìa e Mutino s'incontrarono, si conobbero e,
manco a dirlo, s'innamorarono perdutamente. Ma un brutto giorno
Folìa (che come tutte le maghe che si rispettino conosceva
i segreti per preparare il filtro magico dell'eterna giovinezza)
essendo un po' sventatella, dimenticò un ingrediente fondamentale.
Non l'avesse mai fatto, perchè si trasformò in una
vecchia strega lurida e repellente. Stravolta dal dolore si rifugiò
in un antro perchè Mutino non la vedesse. E Mutino continuò
invano a cercarla e a invocarla disperatamente per anni e anni.
A Fonte del Doglio (luogo del dolore) ancor oggi nelle notti fredde,
il vento che scende dall'Appennino porta il pianto degli amanti.
Folìa udiva quel lamento accorato e le lacrime le inondavano
il volto scarno e rugoso. Ormai stremata, proprio sul punto di
morire ebbe un sussulto che le tolse il torpore e le fece capire
che l'amore si misura spesso con la sofferenza. Erano le lacrime
l'ingrediente che mancava al filtro magico. Si tirò su
con le ultime forze rimaste e preparò l'amaro intruglio
che operò il prodigio di restituirle le primitive sembianze.
I due giovani amanti tornarono insieme, non si lasciarono più
e come succede nelle belle favole a lieto fine, vissero felici
e contenti. Per rendere eterna e visibile l'unione, la maga diede
il nome al fiume che diventò la Foglia, e Mutino ancora
oggi scende dal Carpegna con le sue acque chiare per abbracciarsi
con lei vicino alla Cupa. FERRIERO CORBUCCI
Tratto da GENTE DI SCHIETI - di Italo Mancini
e Ferriero Corbucci
Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche - Anno XVI - N°104
- Luglio 2011